La robaccia
- Chiara Maggi
- 8 mar 2024
- Tempo di lettura: 4 min

Mercoledì, 6 marzo 2024
Alle ore 12:30 circa mi reco alla Biblioteca Leopardi di Roma, nei pressi di via Nomentana; una piccolissima dimensione letteraria che da sempre ospita i cuori viaggiatori di tutti noi del quartiere, e non solo.
Avevo una donazione da fare: alcuni libri della mia personale biblioteca casareccia non entravano più negli spazi che ho a disposizione, ahimè, e come quando devi lasciare andare un qualunque pezzo della tua storia, ho dovuto prendere la triste decisione di separarmene, con la speranza però che avrebbero potuto aprire le menti di altri lettori come me.
Giunta a destinazione e messi i miei libri sul bancone, una giovane bibliotecaria li valuta giusto un secondo, mormorando le sue incertezze in merito alla loro validità di libri e spostandoli appena l'uno dall'altro con indice diffidente.
Poi mi indica un lato del bancone e mi dice di metterli lì: li valuteranno in seguito.
Qualche minuto più tardi, mentre mi trovavo a pochi metri di distanza da loro, tutta intenta a curiosare tra gli scaffali e a rivivere sogni d'infanzia, sento alcune parole che attraggono inevitabilmente la mia attenzione.
«Questi qui sono proprio della "robaccia"» dice una. «Sai, di quelle cose scritte su queste piattaforme online in cui a furia di scrivere finalmente ci si riesce a far leggere, prima o poi. Non mi ricordo nemmeno il nome».
«Ah, sì? Non sapevo nemmeno che esistessero piattaforme del genere» le risponde l'altra, con fare sapiente.
Io, in silenzio, sbircio oltre la mia spalla, tanto per avere conferma di qualcosa che già sapevo per certo: stavano degrinando i miei libri, quelli che, dopo averli scelti, comprati e letti, con tanta fatica avevo deciso di togliere dai miei scaffali e di rimuovere dalla mia vita.
Aspetto ancora qualche minuto; finisco di fare i miei giri tra i libri delle mensole, appurando che probabilmente sono l'unica che li ha mossi dalle loro posizioni almeno negli ultimi sei mesi, e chiedo loro scusa per essere nati in un mondo così privo di cultura e sensibilità. Dopodiché li rassicuro dicendo loro che, da qualche parte, esistono ancora persone che li leggeranno con passione e che non siamo tutti come quelle bibliotecarie, le prime che dovrebbero apprezzare la carta scritta, qualunque ne sia il contentuto, invece di disprezzarla manifestando tutta la loro ignoranza.
Alla fine, prima di andarmene, mi avvicino ancora a quel bancone.
«Dunque avete stabilito se i miei libri vi servono? Perchè me li riprendo volentieri, se ritenente che siano troppo "robaccia" per voi» asserisco con fermezza.
Le bibliotecarie, platealmente colte in fallo, sobbalzano e si scambiano uno sguardo fugace.
«Ma... guarda... in realtà, dovremmo...» comincia la prima.
«... Sì, esatto, dovremmo consultarci con la cataloghista per capire se... sai, se ci servono veramente...» prosegue la seconda.
Biascicano un altro paio di frasi, cercando di spiegare questioni logistiche che onestamente non mi interessavano più di tanto.
«Sapete, io penso sempre a voi quando si tratta di libri, ma posso benissimo donarli a qualcunaltro» proseguo io.
Si guardano ancora e poi la più grande delle due comincia a prendere visione dei libri con più attenzione: me ne restituisce uno, per cui non può fare davvero nulla, a detta sua, e poi quasi mi supplica implicitamente di lasciarle gli altri, promettendomi languidamente che non sarebbero stati buttati, ma al massimo inseriti in un vecchio raccoglitore di altrettanto vecchi libri, lasciati lì da qualcuno negli anni, non catalogabili, ma potenziali candidati per una nuova vita.
«Molto bene» asserisco. «Grazie e arrivederci».
Quale sia la morale della favola è questione individuale, ma ritengo che sia profondamente vergognoso definire "robaccia" un qualsiasi libro. Non tutti gli scrittori sono egualmente abili, così come non tutti i libri possono considerarsi sullo stesso livello, per diversi motivi; ma se una storia qualunque riesce a colmare il cuore anche solo di una persona, allora ha già vinto, fosse pure stato scritto sotto un ponte e che parli di noci fluorescenti.
Vergognoso è affidare la nostra cultura e il nostro patrimonio creativo a persone che davvero giudicano il libro solo dalla copertina.
Vergognoso è aspettarsi sentimento e pace da un popolo di persone che, alle spalle, parlano quando non sanno.
Ebbene, care bibliotecarie, voi non sapete di certo che mi chiamo Chiara Maggi e che scrivo storie da quando andavo in quinta elementare; che sono una scrittrice per lavoro ma soprattutto per passione, e che la prima parte della mia carriera l'ho passata proprio su una di quelle piattaforme online di cui avete sparlato voi. Lì ho potuto conoscere il mio pubblico, interfacciandomi con le continue critiche e bastonate letterarie che solo lettori sconosciuti mi avrebbero potuto dare in tutta la loro sincerità.
Prima di essere questo, però, sono accanita lettrice e ho cominciato il mio percorso proprio in quella Biblioteca, a Villa Leopardi, lì dove è custodito tutto il mio amore spassionato per i libri logori e usati e per le storie consumate dalla polvere ma non dal tempo; e proprio lì ho imparato a rispettare ciascuno di quei piccoli capolavori, sognando di diventarne artefice, un giorno.
Lì dove voi avete tante responsabilità, soprattutto nei confronti dei più giovani.
Rispettateli, quei libri.
Leggeteli.
Imparate da essi.
Scoprirete che la parola "robaccia" si può associare a tutto, perfino al vostro pensiero tutt’altro che critico, meno che a un libro.
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