Recensione - Inside Out 2 (2024)
- Chiara Maggi
- 22 giu 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Come si può parlare di un film che di per sè dice già tutto?
Chi mi conosce ha già fatto i conti con la mia Disney-agine, Disney-tudine, Disney-mania, insomma con la Disney-Chiaggi che è in me e che mi conduce inevitabilmente ad apprezzare più o meno sempre un prodotto della casa di Walt.
Ma no, questa volta siamo oltre. Oltre l’immaginazione, le aspettative, il consueto, il normale e il classico. Qui andiamo verso l’infinito e oltre (e grazie, Buzz!)
Diciamocelo, Inside Out nel suo primo capitolo aveva già fatto breccia anche nei cuori più aridi, con la visione della mente umana come centro di controllo gestito dalle Emozioni. Quindi facciamo un breve riassunto della morale precedente: Gioia non ha il monopolio della situazione, non può averlo anche se vorrebbe, e, per quanto possa essere in buona fede, non va da nessuna parte senza Tristezza; perchè Gioia e Tristezza sono inevitabilmente collegate l’una all’altra, metà dello stesso intero. Dopotutto, pensiamoci bene: la vita insegna a tutti che la Tristezza di un momento difficile rende ancora più potente la Gioia che deriva dalla risoluzione di quel momento. Sfogarsi risana, e Gioia lo impara a spese sue e di Riley.
Ebbene, abbiamo tutti da imparare, e in Inside Out 2 è il turno di Ansia, che fa il suo scenico ingresso invadendo gli spazi tranquilli e ormai ben gestiti delle altre Emozioni. Lei, che al suo seguito ha Imbarazzo, Invidia ed Ennui, per noi Noia; e per Riley, ormai adolescente, cominciano i “problemi” di una qualsiasi ragazza di quell’età.

Questa volta, Disney Pixar pone le basi per la trattazione di un argomento che ritengo piuttosto delicato: allo scoccare della Pubertà, quando suona quel grosso bottone rosso che mette tutti in allarme, gli adolescenti fanno il loro ingresso in un piccolo inferno personale, dove nessuna emozione trova il suo equilibrio, tutto è caotico e incoerente. Le cose cambiano più veloci di quanto loro siano pronti a gestire e questo porta inevitabilmente a trovarsi spaesati nella loro stessa casa.
Tutto è confusione. Ma perchè? Non è solo questione di Emozioni. Disney Pixar racconta, con sofisticato ingegno, di quanto esse siano solo un piccolo aspetto da prendere in considerazione, seppur fondamentali per la costruzione dello strumento vero da cui ciascuno di noi dipende nella vita: la consapevolezza di sè.
Io sono una brava persona è la consapevolezza data dai ricordi che Gioia ritiene più positivi per Riley.
Io non sono all’altezza è la consapevolezza che, invece, costruisce Ansia con il suo intervento.
Ma quale delle due è vera?
Su quale è giusto che Riley fondi la sua intera esistenza?
Chi ha diritto di scegliere?
Chi deve comandare nella sua mente? Gioia? Ansia? Chi?
Queste sono le domande intorno alla quali si aggira la narrazione, e ammetto di non aver saputo rispondere con precisione, messa di fronte all’enorme problema che si crea al culmine della storia. Eppure era così facile; e la Disney ha un talento naturale nello spiazzarti alzando il sipario sulla soluzione. Essa è sempre stata lì, davanti a tutti, Emozioni e spettatori compresi.
Ovviamente non vi svelerò nulla, perché è davvero troppo bello essere colmati da questa scoperta, ma posso darvi un suggerimento: preparatevi a rivivere la vostra adolescenza, e non abbiate paura dei ricordi o delle sensazioni che proverete, buone o cattive che siano, perchè questa volta vi affaccerete a quel periodo della vostra vita ma nei panni di adulti consapevoli, e ne avrete quasi Nostalgia, che, sì, è davvero una dolce vecchietta con gli occhiali che attende il momento adatto per comparire nel vostro centro di controllo.

Ciò che mi sono trovata ad apprezzare più di qualsiasi cosa, al di là della trama magistrale, è stato il vedere quanto la Disney abbia cambiato il suo pubblico principale: non si rivolge più ai soli bambini come nella concezione comune (anche se per me non lo ha mai fatto), ma piuttosto agli adulti.
Perchè è ormai fin troppo palese, qualora non lo fosse stato già prima, che non si possono educare i bambini, se gli adulti non sono educati per primi e a loro volta: e non parlo solo del senso civile, del rispetto e dei modi di fare, ma anche dell’educazione all’accettazione della vita, come viaggio inaspettato e sorprendente in cui bisogna immergersi per poterne cogliere ogni aspetto e ogni sfumatura, anche quelle negative. Mi riferisco all’educazione del bello che deriva dalle diversità di ciascuno di noi, che siamo un’esplosione di colori ed emozioni, e che commettiamo tanti, tanti, tanti errori ma che, solo se educati ad accettarli, potremo convertire in esperienza, quella che alla fine porta a costruire la consapevolezza di sè e la nostra personalità.
Molti ragazzi di oggi non sono più abituati a vivere correttamente il fallimento, il senso di impotenza, il vuoto che lascia una critica; non sanno accettare un rimprovero che subito vanno nel panico, perchè Ansia vige sovrana nella maggior parte delle loro teste. Raramente c’è equilibrio.
E poi ci sono quelli che, invece, si trovano a vivere situazioni più grandi di loro e che non hanno la condizione emotiva giusta per parlarne.
Insomma, tutto grida “Disney” e, come sempre, Disney grida “vita”.
Vorrei davvero poter stringere la mano ai veri ideatori di Inside Out, quegli Imagineers Disney ben nascosti tra gli altri che hanno avuto la visione chiara e completa di come una mente umana potrebbe funzionare, perchè è in queste piccole costruzioni animate che troviamo il conforto che ci serve in una vita caotica; anche la sola consapevolezza di non essere gli unici ad essere prede delle emozioni può essere il grande passo che conduce fuori dal tunnel di Ansia.

Che poi, Ansia è una brava ragazza, in fin dei conti. In quanto emozione di Riley la ama al pari di Gioia, e anche per questo mi inchino davanti alla saggezza Disney, che continua con adeguatezza a insegnare che non si deve puntare il dito e a sottolineare che le emozioni non sono solo negative o solo positive, che le dobbiamo accettare, non contrastare, così da spingerle verso il giusto equilibrio.
Loro tentano sempre di fare il meglio per noi, ma a volte semplicemente non ci riescono.
Prendiamo Paura, per esempio: è una macroemozione che non implica necessariamente negatività. Il timore di “farti male” ti fa ponderare con attenzione le situazioni e spesso ti salva la vita.
Così come esiste una versione positiva di Invidia, macroemozione che racchiude ammirazione e, in qualche modo, anche stima e determinazione, o di Imbarazzo, che non per forza è quello tremendo delle brutte figure, ma anche quello innocente dell’ingenuità e della dolcezza.
Allo stesso modo, anche Gioia e Ansia, che si contendono il comando nel centro di controllo, possono vincere e perdere con la stessa probabilità, adducendo stati emozionali a dir poco problematici, a volte.
Quindi complimenti, casa Disney: non solo hai soddisfatto le aspettative ma le hai raggiunte, superate e migliorate, perchè sei e rimarrai sempre la mia garanzia di successo!
Easter Egg
Non c’è film di animazione Disney in cui non ci sia un riferimento a un altro, che sia passato o addirittura futuro (sì, è successo!), e Inside Out 2 non fa eccezione! In questa occasione ci troviamo davanti a un riferimento piuttosto esplicito a Toy Story, con l’intervento di un personaggio che solo agli occhi dei più appassionati apparirà incontestabile.
Di chi sto parlando? Fatemi sapere se lo trovate!
Suggerimento: compare nelle prime battute del film e si vedeva già dal trailer!
L’impalcatura della mente di Riley
Nel capitolo precedente ci siamo trovati a confronto con la sua struttura mentale di base, formata dal centro di controllo, l’archivio dei ricordi e le isole della personalità.
Con questo secondo episodio, le Emozioni vagheranno in posti ancora inesplorati, come il subconscio, il flusso mentale, il Caveau (di sicuro il mio posto preferito!) e molti altri.
Ciò che li accomuna tutti è sicuramente la quantità incredibile di dettagli che li identificano, e ve ne lascio qualcuno a cui potreste non fare subito caso:
la sezione mentale in cui Ansia comunica con il suo staff di disegnatori per prevedere le situazioni future è la riproduzione piuttosto fedele di un laboratorio creativo o, più propriamente, di un ufficio. Ebbene, le pareti che dividono ciascuna “cella” non sono altro che carte da gioco, scelta metaforica non casuale, per indicare che in quel posto si costruiscono i “film mentali”, ovvero i nostri “castelli di carte” senza fondamento che spesso ci portano a ingigantire sproporzionatamente le situazioni;
Il sarcasmo, figlio di Noia, crea baratri invalicabili, e tutto ciò che ci passa attraverso viene irrimediabilmente corrotto, perdendo di credibilità alle orecchie di chi ascolta dall’altra parte;
Le tempeste di idee arrivano a ciel sereno e si scatenano in tutta la loro potenza, ma la maggior parte di esse non è altro che un mare di piccole, minuscole lampadine che probabilmente nemmeno si accendono… Almeno finchè la mente non arriva a produrne una davvero davvero grande!
Valutazione
Non c’è voto che io possa dare che risulti anche solo lontanamente realistico. Soggettivamente è il miglior film Disney Pixar prodotto finora dopo Up, che in effetti rimane imbattuto da anni ai miei occhi.
Avendo un limite di cinque stelle non posso che dargliele tutte, sed cum laude.
Voto: 5/5L
Consigliato: Assolutamente, indiscutibilmente, fondamentalmente, banalmente e indubbiamente SÍ.
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